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Gli esami di laboratorio nel monitoraggio: alcuni consigli pratici.

Capita spesso di commentare esami di laboratorio in pazienti in terapia e/o in follow-up, che effettuano un monitoraggio clinico per le condizioni più disparate. La valutazioni di alcuni valori di laboratorio è essenziale per il clinico al fine di poter gestire il paziente, modificare le terapie in atto, valutare la prognosi e programmare i controlli nel tempo. Tuttavia mi rendo conto, facendo il consulente, di come i clinici spesso siano all’oscuro di alcuni aspetti analitici che possono inficiare tutta la loro buona volontà nell’eseguire un corretto monitoraggio.

Le misurazioni che vengono effettuate in laboratorio infatti, anche quelle con la maggiore accuratezza possibile, non sono sempre così semplici da confrontare tra loro. Facciamo alcuni esempi pratici:

1) Un paziente con insufficienza renale cronica, a cui misuro regolarmente la creatinina

2) Un paziente con una patologia renale proteino-disperdente, a cui misuro regolarmente la proteinuria mediante il rapporto PU/CU

3) Un paziente con diabete mellito, a cui controllo frequentemente glicemia e fruttosamine

4) Un paziente con leishmaniosi, a cui controllo il titolo sierologico

Ovviamente potrei andare avnti all’infinito, perché lo facciamo tutti i giorni e per numerosissime condizioni patologiche che richiedano un minimo di controllo nel tempo.

Purtroppo non teniamo conto di un aspetto analitico che, se è ovvio per il patologo clinico, non lo è altrettanto per un clinico, internista, chirurgo, dermatologo e quant’altro. Ovvero che: qualsiasi cosa che misuriamo in laboratorio ha una variabilità analitica, che dipende dalle performance del metodo di misura. Queste performance possono essere molto differenti per via della tecnica utilizzata: per esempio misurare in spettrofotometria la creatinina o la glicemia, ha una precisione analitica superiore a quella di una metodica immuno-turbidimentrica utilizzata per altri analiti, come le proteine di fase acuta. Abbiamo sottolineato più volte come metodiche sierologiche basate su ELISA quantitativo siano più accurate, in quanto più precise ed oggettive, rispetto all’immuno-fluorescenza. Oltre a questa variabilità analitica intrinseca alla metodologia usata, esiste poi una variabilità tra medoti, kit, strumenti e quindi laboratori differenti. Ci vengono spesso sottoposti in consulenza, esami di controllo fatti con metodi completamente diversi, per es. una creatinina misurata con strumenti di chimica secca “in-clinic” e confrontata con quella misurata in laboratori commerciali differenti. Oppure, peggio ancora, una sierologia misurata con metodiche diverse in laboratori differenti. Anche in questo caso potrei farvi esempi per ore.

Ebbene, questo approccio è molto criticabile e poco scientifico, perché non tiene conto della variabilità analitica, che per alcuni test di laboratorio può essere molto pesante e condizionare di conseguenza le vostre scelte cliniche.

Per cui , se posso dare un consiglio spassionato, quando dovete effettuare un monitoraggio nel tempo, assicuratevi che la metodica scelta sia sempre la stessa ed effettuata sempre nel vostro laboratorio di fiducia, che possa garantirvi inoltre degli standard di qualità elevati.

Walter Bertazzolo, Direttore Scientifico di MYLAV

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