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EMATOLOGIA

NEUTROFILIA ESTREMA NEL CANE: SIGNIFICATO CLINICO E PROGNOSTICO

Per neutrofilia estrema si intende una leucocitosi neutrofilica marcata, caratterizzata da almeno 50.000 neutrofili/uL all’esame emocromocitometrico. Quale può essere il suo significato clinico? E quale la prognosi in questi casi?

La neutrofilia estrema (NE) nel cane e nel gatto è un riscontro poco comune e si può associare a diverse condizioni patologiche (gravi infezioni, malattie immunomediate come l’anemia emolitica, necrosi tissutali di varia natura e sindromi paraneoplastiche).

In alcuni casi viene percepita come fattore prognostico negativo, ma talvolta è in realtà segno di adeguata risposta ematopoietica ad uno stimolo infiammatorio. Ad esempio, in alcuni cani con piometra, a seguito dell’ovarioisterectomia, si può assistere ad un marcato aumento dei neutrofili circolanti nel periodo post-operatorio: questo non è un segno prognostico infausto, anzi. Significa solo che il midollo, divenuto iperplastico per via della flogosi cronica, per diversi giorni continua ad immettere in circolo numerosi leucociti che però non vengono più sequestrati all’interno della cavità uterina, e quindi rimangono in circolo in numero molto superiore a prima. Di solito è una situazione che si normalizza col passare dei giorni.

 

Figura 1. Striscio ematico periferico di cane con piometra, con marcata neutrofilia, segni di tossicità dei neutrofili (che appaiono più schiumosi, con granulosità e basofilia del citoplasma) e left-shift (presenza di neutrofili non-segmentati/bandati, indicati dalle frecce rosse).

 

Un recente studio ha cercato di approfondire il significato clinico della NE in un gruppo di 269 cani identificati retrospettivamente in 3 centri universitari americani di referenza (Ziccardi et. al, Journal of Veterinary Internal Medicine 2022).

Le patologie associate a questa condizione ematologica erano di natura infiammatoria nel 29% dei casi (in particolare infezioni settiche), neoplastica  nel 28%, immuno-mediata nel 14% e da danno tissutale e necrosi nell’8%; nel 13% dei casi coesistevano più eziologie e nell’8% non veniva identificata una patologia specifica. Sul totale dei casi esaminati, il 22% era di accertata origine settica/batterica: da qui l’inutilità di una terapia antibiotica effettuata alla cieca nella maggior parte dei casi di NE.

 

Figura 2. Striscio ematico periferico di cane con endocardite settica e setticemia/batteriemia: si osservano batteri liberi e fagocitati da neutrofili, identificati mediante emocoltura come E.coli, indicati dalla freccia rossa.

 

Tra le variabili potenzialmente in grado di influenzare la prognosi (es. presenza di febbre, entità della neutrofilia, left-shift, tossicità dei neutrofili, ecc.), le uniche associate significativamente con la sopravvivenza erano legate al tipo di patologia sottostante: le patologie neoplastiche avevano infatti i tassi di sopravvivenza più bassi, probabilmente a causa di una maggior tendenza alla richiesta di eutanasia da parte dei proprietari.

Nel complesso la mortalità risultava comunque elevata (41%), proprio a causa della gravità delle eziologie alla base della NE.

 

Walter Bertazzolo, Med. Vet. EBVS European Specialist in Veterinary Clinical Pathology (Dipl. ECVCP); Direttore Scientifico di MYLAV

 

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