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Test diagnostici

Errori da evitare: fare esami di approfondimento prima di quelli di base

Sembra un'osservazione logica e per molti può apparire come un argomento ovvio ed inutile. Ma vi assicuro che non lo è. Perché ci capita spesso di ricevere richieste di esami di approfondimento avanzati, su casi privi di una diagnostica di laboratorio di base. Vi faccio alcuni esempi e vi spiego perché la cosa può risultare alquanto rischiosa.

1) Richiedere colorazioni speciali di citochimica ed istochimica o di immunocitochimica ed immunoistochimica, senza passare per la citologia e l'istologia di base: questa situazione ci capita abbastanza comunemente ed è una procedura completamente sbagliata.

Il patologo deve sempre aver ben presente cosa sta cercando e per quale ragione. Deve quindi avere prima di tutto un visione del quadro generale e spesso è lui stesso a consigliare l'utilizzo di ulteriori colorazioni speciali, se lo ritiene necessario. Alcune di queste indagini servono infatti per confermare un sospetto diagnostico (per esempio la presenza di determinati microrganismi), ma questo sospetto deve essere supportato dai rilievi dell'esame citologico/istologico di base. Inoltre, alcune di queste colorazioni (es. l'immunocitochimica per la differenziazione tra un linfoma B e un linfoma T), devono per forza essere precedute da una normale citologia: dobbiamo infatti essere certi prima di tutto che siamo realmente di fronte ad una neoplasia, poi possiamo procedere col tipizzarla. Molti colleghi ad esempio, pensano che l'immunocitochimica serva per confermare il sospetto di linfoma: ciò non è sempre vero, sopratutto quando la popolazione cellulare nel campione è ancora mista e non uniforme. L'immunocitochimica per linfoma ha come unico scopo la differenziazione della linea cellulare di origine (B-cell vs T-cell). Inoltre, senza una stadiazione clinica e la citologia ed istologia di base, non vi permette nemmeno di gradare la neoplasia (indolente vs aggressiva).

Figura 1: esempio di colorazioni immunocitochimica per linfoma.

2) Richiedere la PARR per differenziare una neoplasia linfoide da una forma reattiva, senza altre valutazioni di base: anche questo strumento, se usato da solo, può facilmente condurre ad errori diagnostici.

La PARR infatti non ha una specificità ed una sensibilità assolute, per cui il risultato della PCR deve essere interpretato nel contesto dei dati clinici e di quelli patologici di base. Un altro errore che viene talora commesso, è quello di richiedere la PARR per la determinazione del fenotipo della neoplasia linfoide. Questo strumento serve per supportare o meno il sospetto di una neoplasia linfoide, non per determinarne il fenotipo (per questo scopo ci sono altri metodi, come la citometria a flusso, l'immunocitochimica e l'immunoistochimica). Ci sono infatti neoplasie linfoproliferative B-cell che risultano clonali per il recettore T, e viceversa, o addirittura linfomi B o T che riarrangiano clonalmente entrambi i recettori T e B.

3) Richiedere esami ematobiochimici avanzati, senza un adeguato supporto clinico e di laboratorio di base.

Anche in questo caso, può risultare alquanto fuorviante ricorrere a test particolari di "approfondimento" (ad esempio quelli ormonali): se ad esempio, un animale non ha segni clinici di Cushing e manca delle tipiche alterazioni di laboratorio di base, è abbastanza inutile ricorrere ai dosaggi del cortisolo pre e post-ACTH o dopo soppressione con desametazone. In caso di test positivo avremmo infatti una falsa conferma del nostro (sbagliato) sospetto clinico: infatti molti animali con malattie concomitanti iper-producono cortisolo, senza in realtà avere una vera e propria sindrome di Cushing. Situazione simile si rileva nel caso della misurazione del solo T4: molti animali malati hanno un T4 basso, ma senza i tipici segni clinici e la caratteristica ipercolesterolemia, è alquanto improbabile che il vostro paziente sia realmente ipotiroideo.

4) ricercare agenti eziologici in pazienti privi delle tipiche alterazioni clinicopatologiche per quella patologia: molte malattie infettive, conducono a tipiche alterazioni di laboratorio degli esami di base.

Un animale con un quadro proteico perfettamente normale, difficilmente sarà affetto da leishmaniosi. Un cane con una conta ed una stima piastrinica perfettamente normale, quasi sicuramente non potrà avere la piroplasmosi. Per cui in due situazioni come queste, andare a cercare quell'agente eziologico con tecniche avanzate come la PCR, risulterà quasi sicuramente inutile e dovremmo invece indirizzare la nostra attenzione e i nostri sforzi diagnostici in altre direzioni.

 

Walter Bertazzolo, EBVS European Specialist in Veterinary Clinical Pathology (Dipl. ECVCP); Direttore Scientifico di MYLAV.

 

 

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