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Biochimica clinica

La proteinuria nel paziente nefropatico: perché è importante?

LA PROTEINURIA NEL PAZIENTE NEFROPATICO CRONICO

Marco Giraldi, Med. Vet., staff del laboratorio MYLAV

La proteinuria di origine renale è un’importante condizione patologica associata alla nefropatia cronica. È uno dei parametri cardine sui quali si basa la diagnosi e la stadiazione della nefropatia, sia nel cane che nel gatto, come raccomandato dalle linee guida della società internazionale IRIS, recentemente riassunte nel nostro blog dal Dott. Dondi.

(vedi http://www.mylav.net/blogc/view/219).

Perché è così importante valutare la proteinuria sia nell’iniziale approccio diagnostico dei soggetti nefropatici, sia durante il monitoraggio della patologia renale cronica?

In primo luogo, la proteinuria può essere il primo segno di danno renale, già nelle fasi precedenti all’iperazotemia. Ciò è particolarmente vero nei pazienti canini affetti da glomerulopatia, i quali presentano aumento del rapporto proteine urinarie / creatinina urinaria (PU/CU) oltre il valore di 0.5 nel 95% dei casi. Tutte le principali forme di glomerulopatia, quali l’amiloidosi renale, le glomerulopatie immunomediate associate a malattie infettive (per esempio la leishmaniosi), le glomerulopatie autoimmuni e le glomerulopatie su base genetica, hanno in comune la perdita di selettività della membrana glomerulare che si traduce nel passaggio nell’ultrafiltrato, e poi nelle urine, di una maggiore quantità di proteine e di proteine di maggior dimensioni (ovvero di peso molecolare superiore a quello dell’albumina), evento che definisce questo tipo di nefropatia come “proteino-disperdente”.

La proteinuria inoltre ha significato prognostico sia nel cane che nel gatto nefropatico? 

il rischio di sviluppare crisi uremiche è 3 volte maggiore nei pazienti canini con PU/CU superiore a 1.0 rispetto ai soggetti con PU/CU minore d 1.0. Anche nel gatto, la probabilità di andare incontro a morte per malattia renale è 4 volte maggiore nei pazienti proteinurici (PU/CU >0.4) rispetto ai non proteinurici (PU/CU <0.2) e l’aspettativa di vita supera di poco l’anno nei pazienti con proteinuria persistente.

Infine, la proteinuria è uno dei target del piano terapeutico dei pazienti nefropatici, trattatabile attraverso l’utilizzo di diete cosiddette “renali”, di inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone e, se supportato dall’esame istologico, di immunosoppressori.

Come va indagata inizialmente?

Il primo test di screening utile a indagare la proteinuria, come noto, è il dipstick urinario mentre la misurazione del rapporto PU/CU permette una più accurata quantificazione della proteinuria. Utilizzando il disptick, è necessario ricordare che valori di +1 (corrispondente a circa 30 mg/dL di proteine) possono essere considerati normali se ottenuti in urine con peso specifico elevato. Si veda la tabella sottostante, tratta ed adattata dallo studio di Zatelli et al (AJVR 2010), come linea guida utile per stabilire quando è davvero necessario eseguire il PU/CU nel cane, in base ai valori di concentrazione urinaria.

Nel gatto purtroppo il dipstick è meno affidabile nella determinazione della proteinuria, per cui nei casi dubbi è sempre meglio affidarsi alla valutazione del rapporto PU/CU. E' inoltre importante fare attenzione ai falsi positivi ottenuti da urine venute in contatto con detergenti o con materiale fecale: questo è un evento che si può verificare quando le urine vengono raccolte da superfici precedentemente contaminate. 

L’interpretazione della proteinuria nel paziente nefropatico cronico, sia utilizzando il dipstick che il rapporto PU/CU, dovrebbe sempre essere associata ad un contestuale esame completo delle urine con valutazione del sedimento (ed eventuale urinocoltura). Ciò è necessario perché le infiammazioni e le infezioni urinarie, le nefrolitiasi e le neoplasie del tratto urinario sono considerate causa di proteinuria post-renale e possono esitare talvolta in un aumento significativo del rapporto PU/CU. Pertanto, solo se queste patologie delle vie urinarie vengono escluse con gli opportuni esami clinici e di laboratorio, la proteinuria acquista valore diagnostico e prognostico della nefropatia cronica.

Nella prossima puntata dedicata all’argomento vedremo quali sono gli aspetti utili ad interpretare correttamente il rapporto PU/CU nel paziente nefropatico cronico. A presto, rimanete collegati.

Marco Giraldi & Walter Bertazzolo

Bibliografia

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- Zatelli A, Paltrinieri S, Nizi F, Roura X, Zini E. Evaluation of a urine dipstick test for confirmation or exclusion of proteinuria in dogs. Am J Vet Res. 2010; 71:235-240.

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Persone in questa conversazione

  • Ciao,
    condivido quanto scritto da Marco e Walter, e i risultati del lavoro citato, per quanto riguarda un approccio di screening della proteinuria nel cane. Nefrologicamente parlando, tuttavia, nel contesto di un paziente con CKD o AKI o sospetta nefropatia, a mio parere è importante quantificare sempre la proteinuria attraverso il PU/CU anche se il dipstick è negativo. Questo per due motivi: il primo per avere un dato "basale" da poter monitorare nel tempo, il secondo perché ci sono casi in cui proteinurie "tubulari" (ovvero non caratterizzate da una prevalenza di albumine) possono sfuggire al dipstick.
    Condivido inoltre quanto scritto da Marco sul gatto: se vuoi escludere la presenza di proteinuria nel gatto devi eseguire il PU/CU.
    Ciao, Francesco

  • Quindi si trova conferma in questo articolo che non esista per il gatto una tabella da seguire come per il cane, ma piuttosto si debba affidarsi alla regolarità di campionamento (no contaminazione)e al sospetto di proteinuria

  • Ospite - Marco Giraldi

    Caro collega, nel gatto un lavoro accurato come quello pubblicato per il cane ad oggi non esiste. Monitorare nel tempo la proteinuria nei pazienti nefropatici è sicuramente la scelta migliore. Per questo scopo, è utile affidarsi comunque al PU/CU che è in ogni caso più accurato ed è su questo che si basano le scelte terapeutiche.

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